Leggi delle XII tavole

Le leggi delle XII tavole (duodecim tabularum leges) è un corpp di leggi compilato nel 451-450 a.C. dai decemviri legibus scribundis, contenenti regole di diritto privato e pubblico. Rappresentano una tra le prime codificazioni scritte del diritto romano, se si considerano le più antiche mores e lex regia.

Sotto l'aspetto della storia del diritto romano, le Tavole costituiscono l'unica redazione scritta di leggi dell'età repubblicana. Per avere un altro corpo di leggi scritte si dovrà attendere il 438d.C. con il Codice Teodosiano. Secondo la versione tradizionale, tramandata dagli storici antichi, la creazione di un codice di leggi scritte sarebbe stata voluta dai plebei nel quadro delle lotte tra patrizi e plebei che si ebbero all'inizio dell'epoca repubblicana. In particolare, i plebei chiedevano un'attenuazione delle leggi contro i debitori insolventi e leggi scritte che limitassero l'arbitrio dei patrizi nell'amministrazione della giustizia. In quell'epoca, infatti, l'interpretazione del diritto era affidata al collegio sacerdotale dei pontefici, che era di esclusiva composizione patrizia.
Esse furono considerate dai romani come fonte di tutto il diritto pubblico e privato (fons omnis publici privatique iuris).
Il tribuno della plebe Gaio Terenzilio Arsa, propose nel 462 a.C. la nomina di una commissione composta da appositi magistrati con l'incarico di redigere il codice legislativo.Il Senato, dopo un'iniziale opposizione (la proposta fu riformulata l'anno seguente dai cinque tribuni della plebe), votò nel 454 a.C. l'invio di una commissione di tre membri nominati dai concilia plebis in Grecia, per studiare le leggi di Atene e delle altre città. Tito Livio ci fornisce i nomi dei tre componenti la commissione Spurio Postumio Albo, Aulo Manlio e Publio Sulpicio Camerino. (Tito Livio, Ab urbe condita libri, III, 31).Nel 451 a.C. fu istituita una commissione di decemviri legibus scribundis che rimpiazzò le magistrature ordinarie, sia patrizie che plebee, sospese in quell'anno.I componenti della commissione furono scelti tra gli ex-magistrati patrizi; sempre T. Livio ce ne fornisce i nomi: Appio Claudio, Tito Genucio, Publio Sestio, Lucio Veturio, Gaio Giulio, Aulo Manlio, Publio Sulpicio, Publio Curiazio, Tito Romilio e Spurio Postumio.Seguendo il testo liviano, furono nominati decemviri i tre della commissione inviata ad Atene, in qualità di "esperti" e "Gli altri furono eletti per far numero"; Supplevere ceteri numerum (T.Livio, cit. III,33).
Le Dodici Tavole (non sappiamo se di legno di quercia, d'avorio o di bronzo) vennero affisse nel foro, dove rimasero fino al sacco ed all'incendio di Roma del 390. Cicerone narra che ancora ai suoi tempi (I sec. a.C.) il testo delle Tavole veniva imparato a memoria dai bambini come una sorta di poema d'obbligo (ut carmen necessarium), e Livio le definisce come "fonte di tutto il diritto pubblico e privato [fons omnis publici privatique iuris]". Il linguaggio delle tavole è ancora un linguaggio arcaico ed ellittico. Alcuni studiosi suppongono che le norme siano state scritte in metrica, per facilitare la memorizzazione.
Nel primo anno furono scritte le leggi delle prime dieci tavole, di volta in volta discusse in assemblea, e la commissione, non essendo stato completato il lavoro, fu prorogata anche all'anno seguente.Fu cambiata la composizione della commissione, che fu nuovamente eletta dai comizi centuriati. Secondo Dionigi di Alicarnasso entrarono a farne parte anche tre plebei, mentre Livio tramanda che fossero nuovamente tutti patrizi.La seconda commissione dei decemviri fu dominata dal patrizio Appio Claudio ed ebbe un comportamento dispotico.Le due tavole restanti furono scritte senza consultazione nell'assemblea.Il diffuso malcontento e un episodio legato a Virginia, una fanciulla plebea che il padre preferì uccidere piuttosto che consegnare alle voglie dell'arrogante decemviro Appio Claudio, scatenarono una rivolta popolare e la deposizione della commissione, con il ripristino delle magistrature ordinarie.I consoli dell'anno 449 a.C., fecero incidere le leggi su tavole che vennero esposte in pubblico,nel Foro cittadino. Queste dodici tavole furono a lungo considerate diritto dei plebei.
TABVLA XII (Crimini)
Si servo furtum faxit noxiamve noxit.
Se uno schiavo ha commesso furto o un male . . .
Si vindiciam falsam tulit, si velit is . . . (?prae?)tor arbitros tris dato, eorum arbitrio . . .(?rei et?) fructus duplione damnum decidito.
Se qualcuno abbia portato in giudizio una falsa vindicia (il pretore?) dia tre arbitri, e paghi il doppio (del bene?) e dei frutti.
Nelle XII Tavole si prevedeva una sanzione speciale per i casi di lesione patrimoniale come il Furtum e i pauperies (danneggiamento derivante da comportamenti animali).
Esempi: Colui che bruciò una casa e fatto morire nelle fiamme, la pena per aver bruciato la casa sarà:
risarcire il danno;
se no, castigato con una pena più lieve.
Subiscono la pena incendiale chi appicca un incendio all'interno delle mure della città, mentre verrà applicata una pena più lieve per chi appicca un incendio a una casa. Bisogna valutare se la volontà del soggetto era:
Dolosa: l'autore veniva legato, fustigato e messo a morte con il fuoco;
Colposa: l'autore veniva condannato a risarcire il danno arrecato (noxiam sarcire).
Caso costituito dal pascolo e dal danneggiamento notturni, dove viene usato il pascolo e portato nel fondo altrui danneggiando i frutti. Il colpevole verrà condannato, se:
era adulto (pubere): condannato alla pena di morte attraverso l'impiccagione e sacrificato al Dio Cerere (Dio della Fertilità dei campi);
era impubere: condannato al risarcimento del danno.